Circolarmente al Festival "L'Omino dei Sogni" di Curno

All'Auditorium DeAndrè di Curno (BG), in occasione del Festival "L'Omino dei Sogni", è andato in scena lo spettacolo "Suoniamoci la rabbia in viaggio con Glauco e Santuzza" di Gabriele Parrillo (che ha recitato insieme a Beatrice Mariotti).
Una rappresentazione che, partendo da una lite comica, ha saputo regalarci una profonda lezione sul valore dell’essere umano, sul lavoro e sul potere curativo dell'arte.

Protagonista della scena iniziale è Santuzza, l’iperattiva donna delle pulizie, che si ritrova in competizione con Rumba, il robot aspirapolvere parlante e sfacciato. Questo conflitto, apparentemente assurdo, tocca un nervo scoperto della nostra società: il rischio di essere cancellati dall'automazione.
Santuzza si sente spazzata via, non vista, perché il suo lavoro, fatto di "sudore, amore e cura", rischia di essere sostituito da una macchina che pulisce "senza affanno, trallalero e trallallà".

La Dignità che Prepara il Palco L'incontro con Glauco, l'attore, trasforma la rabbia di Santuzza in una ricerca di riscatto. Glauco le ricorda una verità essenziale: la Dignità non si misura nel prestigio o negli euro, ma nell'impegno e nella cura con cui si fa qualsiasi cosa. Il lavoro di Santuzza è cruciale: lei "prepara il terreno perché possa crescere ogni cosa", rendendo possibile l'arte stessa.

La Terapia del Gioco e la Forza dei Sentimenti Il cuore dello spettacolo si accende quando i due si "calano" (entrano nel personaggio) nella storia di Gorillowsky, il direttore d’orchestra sempre arrabbiato, e Gira Giraffa (interpretata da Santuzza).

Questa fiaba di Alberto Benevelli diventa una vera e propria sessione di educazione emotiva, in linea perfetta con il titolo dello spettacolo: "Suoniamoci la rabbia".
Gorillowsky, tormentato e distruttivo, impara che la sua rabbia è in realtà un desiderio di rispetto e attenzione. Solo dopo essersi sfogato, si guarda nello "specchio d’acqua" (il secchio delle pulizie) e ritrova il suo "sorrisowsky". Gira Giraffa gli insegna che l'arte vera nasce dalla gioia e dalla collaborazione, non dalla paura.

I Sogni di Santuzza e la Parola Magica Grazie alla fantasia, Santuzza non vede più i suoi strumenti come semplici oggetti, ma li trasforma in aiutanti con nomi speciali: Ottone lo scopettone, Icaro l’acciuffa Acaro. Il suo mestiere più umile si eleva fino al sogno di pulire astronavi e comete.
Lo spettacolo si conclude con un momento catartico di riconoscimento: Glauco la chiama finalmente per nome, Santuzza, e la parola DIGNITÀ viene detta e ripetuta coralmente da tutto il pubblico. Questo è il tesoro che lo spettacolo ci ha lasciato: la consapevolezza che la dignità appartiene a tutti e che la fantasia, il teatro e la parola giusta possono "pulire" la nostra visione del mondo, ricordandoci che il valore di ciò che facciamo è dato dalla passione che mettiamo, per far sì che la vita possa crescere bella e pulita, con rispetto e attenzione.